Questa piccola raccolta propone tre film coi quali i registi raccontano il loro ideale di viaggio sotto forma di ricerca, motivazione, rapporti familiari e la volontà di lasciare un segno. Lo ammetto, uno in particolare mi ha colpito molto, indovinate quale!
A spasso nel bosco
Nel 1997 Bill Bryson pubblica A walk in the woods: rediscovering America on the Appalachian Trail, un diario di viaggio nel quale l’autore ormai anziano e senza alcuna esperienza di vita all’aria aperta racconta il suo tentativo di percorrere il sentiero degli Appalachi (3500 km) insieme all’amico Stephen Katz.
Nell’adattamento cinematografico del 2015 diretto da Ken Kwapis e disponibile su Prime Video, i ruoli di Bill e Stephen sono assegnati rispettivamente a Robert Redford e Nick Nolte.
Il film non brilla certo per originalità o tecnica ma mi sento di consigliarlo a chi vuole passare una serata divertente ricordando gli inconvenienti della prima volta che ha montato una tenda, il senso di smarrimento entrando in un negozio per acquistare l’attrezzatura ma soprattutto gli stereotipi classici della vita all’aria aperta.
It’s more than a film, it’s a pop culture icon
Todd Gustavson riferito a Kodachrome
Kodachrome
Il film del 2017 diretto da Mark Raso e disponibile su Netflix racconta il viaggio di Ben (Ed Harris) e suo figlio Mat (Jason Sudeikis) verso il Kansas per sviluppare alcuni rullini Kodachrome prima che anche l’ultimo laboratorio degli Stati Uniti termini la produzione dei coloranti necessari al processo.
Quello che a prima vista potrebbe apparire come un semplice road movie dai toni comici del dramma familiare nasconde a mio avviso un discorso più profondo sul ruolo della fotografia nella conservazione del tempo.
Durante la visione, fate attenzione alla cura di Ben nei confronti della propria attrezzatura, ai suoi soggetti e al modo in cui decide di immortalarli ma soprattutto ai discorsi su fotografia, famiglia e amore che nascondono quasi sempre una dicotomia tra digitale e analogico, progresso e tradizione, esperienza diretta e indiretta.
Se volete approfondire la vicenda che ha ispirato il regista, vi consiglio di recuperare l’articolo For Kodachrome Fans, Road Ends at Photo Lab in Kansas (A.G. Sulzberger, New York Times, 2010).
Ascensione
Nel 2010 il giornalista Nadir Dendoune pubblica il libro Un tocard sur le toit du monde nel quale racconta di come due anni prima abbia affrontato da principiante la salita all’Everest.
Nel 2017 il regista Ludovic Bernard decide di trasformare l’esperienza dello scrittore franco algerino in un film distribuito da Netflix.
Prima di continuare è necessario precisare che soggetti e finalità vengono notevolmente stravolti rispetto all’originale e il risultato non è paragonabile a titoli come Everest di Baltasar Kormákur (2015).
Ascension esalta infatti la semplicità e la fiducia crescente nelle proprie capacità grazie a una buona caratterizzazione dei personaggi. Al reparto fotografico viene affidato infine il compito di abbassare la tensione e la pericolosità della narrazione esaltando il carattere magico e surreale dei luoghi in cui si snoda il viaggio di Samy verso la cima più impervia dell’Himalaya.
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