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Vivere mille vite, storia familiare dei videogiochi

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Libri come Vivere mille vite, storia familiare dei videogiochi, che trattano la cronaca di un evento, di un fenomeno o di un movimento sono di solito difficili da approcciare perché richiedono solide basi di partenza.

Per avvicinarsi a tutti quei titoli che iniziano con la parola storia, che si tratti di arte, cinema, dell’Universo e Tutto quanto è perciò preferibile trovare un punto di vista che aiuti il lettore a identificarsi.

Ancora prima di acquistare Vivere mille vite ne avevo trovati tre:

  • Il formato (quasi) quadrato: da studente di editoria sono irrimediabilmente attratto da ogni cosa abbia quattro lati uguali. Se a questo si aggiunge la passione per la grafica è facile capire come il libro di Lorenzo Fantoni diventasse per me un bellissimo pixel nero dalle possibilità illimitate con una copertina che è tutta un programma!
  • Il titolo d’effetto: una delle frasi più celebri di Umberto Eco riguarda la cosiddetta immortalità invertita, la capacità insita nei libri di far vivere mille vite al lettore che senza muoversi dalla propria poltrona solcherà mari inesplorati volando fino a Saturno e ritorno. 
  • The Wizard, più familiare di così!
The wizard
Una scena del film The wizard – 1989

Back in the future

Se i primi due punti possono considerarsi comuni, il terzo è entrato a gamba tesa nella mia memoria riportandomi a una sera del 1995.

I miei fratelli erano nati da qualche anno e mio padre ci riunì tutti attorno al televisore a guardare The Wizard (in Italia tradotto Il piccolo grande mago dei videogames).

In sintesi è la storia di un ragazzino, Jimmy Woods, che vuole commemorare un’ultima volta la sua sorellina (morta in un incidente qualche anno prima) portando una scatola piena di ricordi in California. Durante il viaggio Jimmy partecipa e vince un grande torneo di videogiochi.

Mi rendo conto che queste poche informazioni possono delineare una pellicola di scarso interesse ma per me aveva un’importanza incredibile. Era come mostrare Jurassic park a un appassionato di fossili.

In circa un’ora e mezza erano condensati America, skateboard ma soprattutto videogiochi.

L’esistenza stessa del film dimostra nuovamente quanto i videogiochi fossero già qualcosa molti anni fa

Lorenzo Fantoni – Vivere mille vite – pagina 204

No videogames allowed

Se le cicatrici mi ricordano i successi (o almeno i tentativi) in ambito sportivo e le fotografie i viaggi e le esperienze meravigliose intorno al mondo, concentrandomi posso rivedere i momenti più significativi della mia carriera videoludica:

  • Una sera alle medie, quando mentre i nostri genitori ordinavano la pizza, una mia amica mi portò in camera sua per mostrarmi la…Amiga!
  • Il multiverso della sala giochi e dei cabinati sparsi tra oratori e campeggi.
  • Il 25 Dicembre passato rintanato nella camera di mio zio a giocare ad Alex Kidd con un Sega Master System II nuovo di zecca. Fun fact, la stanza era dominata da un enorme poster di Bob Marley e mi sentivo così osservato che forse qualche volta gli ho pure parlato.
  • L’inizio delle vacanze estive quando, saputo della mia promozione, mio padre estrasse dal cilindro il Game Gear (il mio battesimo con Sonic).
  • La Playstation alla prima comunione.
  • Mio fratello nascosto nell’armadio per completare il gioco dei Looney Tunes su un Game Boy requisitogli perché andava male a scuola.
  • Il letto a castello che sembrava un fortino presidiato notte e giorno per non perdere il turno a Tekken.
  • La sera in cui per errore ruppi la Playstation II mentre i miei fratelli giocavano a CoD. Il Natale successivo gli regalai la III con The last of us.
  • Il giorno in cui comprai la Switch trascinando la mia ragazza fino a un negozio in provincia di Bergamo.
  • Il weekend nel quale la mia ragazza completò Pokémon Spada senza difficoltà.

Mi fa sorridere pensare a tutti questi momenti perché i miei genitori in verità all’inizio erano contrari ai videogiochi ma credo che in qualche modo ne fossero incuriositi e soprattutto capivano il fascino che esercitavano sul mio immaginario.

Mio padre ad esempio ogni tanto comprava qualcosa dicendo che era per noi quando in verità era palese fosse una scusa (uno tra tutti, il Ninja Defender).

Mia mamma invece detiene tuttora il record per la peggior prestazione ad Alex Kidd della storia ma è uno dei ricordi a cui sono più legato e mi strappa sempre un sorriso.

Vivere mille vite

Forse i nuovi lettori troveranno questa introduzione eccessiva ma gli affezionati sanno bene quando esse rappresentino lo stratagemma per creare l’atmosfera adeguata alle recensioni.

Vivere mille vite ricalca l’idea di poter impersonare di volta in volta eroi variopinti impegnati in mirabolanti narrazioni o tornei all’ultimo sangue.

Il libro si concede totalmente al lettore che può scorrere l’indice come fosse un menu e scegliere l’ordine di lettura che preferisce.

Personalmente dopo averlo giocato una prima volta in modalità vanilla, ossia seguendo la sequenza cronologica dei capitoli, mi sono divertito a percorrere altre vie come quella per retrogamer (che parte dall’avvento di Super Mario) o multiplayer (non vi giudico se almeno una volta avete spinto i genitori fuori casa per organizzare un LAN Party) quasi a voler cercare eventuali easter egg nascosti tra le righe.

Paragrafo dopo paragrafo l’autore dimostra una conoscenza approfondita dell’argomento non solo citando titoli d’essai ma avvolgendo l’aspetto tecnico in un abbraccio familiare fatto di ricordi ed emozioni impossibili da riportare se non fossero veritiere.

Il racconto di come un club universitario inizialmente votato alla costruzione di trenini giocattolo diventa il covo dei primi hacker, la sensazione di inadeguatezza quando per giocare a un cabinato eri disposto a frequentare i peggiori locali della città, la telecronaca della Daigo Parry sono solo alcuni esempi di come la storia dei videogiochi venga filtrata in un’ottica familiare senza tralasciare aspetti negativi come quelli legati alla scoperta di Firewatch e dei walking simulator.

I videogiochi ci parlano a un livello superiore, ci fanno uscire dalla Caverna platonica per metterci quasi al fianco di chi produce le ombre.

Lorenzo Fantoni – Vivere mille vite – pagina 188

Come un videogioco, ogni capitolo parte da un livello zero, un’introduzione al panorama storico/politico del periodo in questione, per poi continuare con approfondimenti e curiosità che lasciano al lettore la libertà di trarre le proprie conclusioni e dimostrano l’importanza del capitolo stesso all’interno del libro.

Non esiste una morale, Lorenzo non vuole insegnare nulla ma solo riportare la storia dei videogiochi nell’unico modo che conosce: intrattenendo il lettore e lasciandogli arbitrariamente la possibilità di scegliere se pigiare o meno il tasto play!

Vivere mille vite_Commodore

Parental control: i lettori ideali

I paragrafi precedenti sono un omaggio a Vivere mille vite, un metaforico ringraziamento a Lorenzo per avermi insegnato, incuriosito ma soprattutto intrattenuto per quasi trecento pagine.

Senza vergogna ammetto di aver passato ore a rileggere alcuni capitoli, come quello dedicato a World of Warcraft, di essermi emozionato fino alle lacrime per le citazioni a The Wizard e ad altri film che hanno reso memorabile la mia infanzia e di aver esultato quando dopo quindici parate in sei secondi Ken si abbatte (come una Bestia) sull’avversario con una serie di calci che chiudono l’incontro.

In un’intervista del 2016 il curatore di Dylan Dog sottolineò l’intuizione di Tiziano Sclavi nel capire l’importanza che alcuni aspetti della cultura pop avessero per una nicchia non troppo ristretta di persone.

Da ragazzino mi capitò di essere incompreso dagli insegnanti perché leggevo Piccoli brividi invece di giocare a calcio durante la ricreazione (facevo già due allenamenti a settimana a basket, escludendo il lato nerd non ci voleva un genio a capire il motivo della mia scelta).

Eppure leggere mi ha portato in biblioteca, dove ho incontrato un gruppo di amici con i quali ho scoperto la fumetteria e ancora oggi discutiamo su chi sia degno di sollevare Mjöllnir oltre a Thor o se le capacità rigenerative di Hulk siano migliori rispetto a quelle di Wolverine (sapendo che alla fine vince Deadpool).

Paradossalmente non penso che Vivere mille vite sia adatto a chi è solo appassionato di videogiochi perché ci sono guide che assolverebbero meglio il compito. Invece lo consiglio a chi ha vissuto e vive i videogiochi e ogni altra forma di cultura come una tappa importante della propria formazione e crescita personale.

Credo sia una lettura formativa anche per genitori, insegnanti e per coloro che non capiscono le potenzialità racchiuse in una sessione di Dungeons and Dragons, la creatività di Minecraft, l’estrema libertà nell’esplorare territori immaginari, la semplicità di bere una birra a Stormwind per festeggiare la vittoria dopo l’ennesimo assedio dell’orda.

In conclusione, leggere Vivere mille vite richiede l’umiltà di sedersi vicino agli amici o ai figli diventando il secondo giocatore in una campagna che abbatte ogni preconcetto per ripercorrere la storia dei videogiochi e capirne i significati nel modo più semplice e spontaneo possibile.

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