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Se succede qualcosa, vi voglio bene

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Descrivere Se succede qualcosa, vi voglio bene è complicato perché vorrei evitare di raccontarne i particolari ma allo stesso tempo invogliare alla visione. Ho deciso perciò di trattarlo indirettamente sperando di raggiungere l’obiettivo. Andiamo con ordine.

La trama che non c’è

Se succede qualcosa, vi voglio bene è una pellicola diretta da Will McCormack (Toy Story 4) e Michael Govier (Space for rent) disponibile su Netflix a partire dagli ultimi mesi del 2020.

L’idea nata da un incontro a Griffith Park si ispira al cortometraggio Father and Daughter di Michaël Dudok de Wit (2000) nel quale l’illustratore olandese mette in scena il distacco tra un padre e la propria figlia.

L’impianto tecnico strizza l’occhio in entrambi i casi agli albori dell’animazione. Le parole non sono necessarie perché l’intera narrazione è affidata al tratto e all’aspetto materico degli elementi visivi. La tradizione orientale di Cina e Giappone si stempera nella leggerezza con cui l’inchiostro viene sparso nell’opera di Dudok de Wit contrapponendosi alla modernità del digitale. 

Father and Daughter_2000_Michaël Dudok de Wit
Father and Daughter – Michaël Dudok de Wit (2000)

Analogamente McCormack dirige con gusto minimalista e stilizzato al punto da rendere protagoniste le ombre dei personaggi che invece preferiscono nascondersi dietro la maschera dell’apparenza.

L’assenza del comparto sonoro contribuisce a innalzare la poetica del silenzio che satura gli avvenimenti e commuove lo spettatore. La purezza e la semplicità degli episodi quotidiani portati sulla scena contraddistinguono ciò che viene spesso dato per scontato finché non resta l’unico ricordo con cui potersi confortare.

Il vuoto all’intento della vita dei protagonisti si riempie di dolore e assenza in una dimensione atemporale che tuttavia conduce alla sua accettazione come parte integrante della rivoluzione del mondo, delle stagioni e degli anni. Le emozioni sono presenti e nette come la volontà di ricominciare, proseguire, divertirsi e amare. Ironicamente la sorte ha sottratto l’unico tassello del puzzle che ne compromette la piena realizzazione.

Se parla di dolore perché lo consigli?

Se succede qualcosa, vi voglio bene non parla di dolore in modo pesante e distruttivo ma lascia che fuoriesca dalle fessure tra gli spazi dei ricordi, delle frasi non dette e dai gesti che ormai non è più possibile compiere. La storia immagina un possibile futuro ormai precluso. Condividere diventa il filo per ricucire gli strappi della coperta con la quale proteggersi dal freddo.

All’inizio ho sottolineato l’intenzione a far conoscere e vedere Se succede qualcosa, vi voglio bene perché oltre al lato tecnico (Oscar come miglior cortometraggio d’animazione nel 2021) porta alla luce tematiche quotidiane vissute direttamente o indirettamente da ognuno di noi e dalle quali spesso sembra più facile fuggire o volgere lo sguardo altrove.

Una tinta blu

McCormack e Govier mostrano gli effetti del vuoto in coloro che restano e paradossalmente sottolineano quanto caos, ira e collera vengano facilmente sfogati nei confronti di persone innocenti portando all’allontanamento e alla silenziosa solitudine invece di focalizzarsi sulla ricerca delle parole per esprimere e comunicare ad alta voce i propri sentimenti. Per questo il silenzio. Per questo le ombre. La piccola luce nel buio simboleggia la volontà e la ricerca di speranza da parte dei registi nei confronti dello spettatore.

Il racconto dei racconti

Se succede qualcosa, vi voglio bene racconta tutte le storie aventi lo stesso minimo comune denominatore. Per ottenere l’adeguata drammaticità e coerenza sono state raccolte molteplici testimonianze e in poco meno di un quarto d’ora lo spettatore è portato a riflettere sulla propria situazione in relazione a ciò che sta osservando.

Alle elementari mi hanno insegnato che la comunicazione è composta da tre figure principali: mittente, colui che invia il messaggio. Messaggio ovvero il concetto che si desidera esprimere e infine il destinatario. Il canale è il tramite che permette la magia. Quando guardo opere come Se succede qualcosa, vi voglio bene e penso a questo schema mi rendo conto dell’ossimoro della società odierna. L’umanità dispone di mezzi fantascientifici eppure non ascolta. Guarda ma non osserva, legge ma non percepisce. Tutto questo avviene per un cambio di interesse verso un apparente senso di appartenenza: per non restare (apparentemente) soli.

Se succede qualcosa, vi voglio bene_Tinta blu
Se succede qualcosa, vi voglio bene

Un giorno mentre correvo sono inciampato. Un leggero graffio e qualche goccia di sangue (che giustamente ho pensato di spalmare come Nutella su una maglia giallo fluo). Niente di grave insomma ma nell’ottica di qualche anno fa capite bene che assume altri significati. Un ragazzo che non parlava la mia lingua si è avvicinato per darmi una mano. Guardandolo vidi che era spaventato. Eppure decise di aiutarmi.

Se succede qualcosa, vi voglio bene parla dell’andare in pezzi, lacrimare e sanguinare. Se esistono, le istruzioni per ricostruire sono incomprensibili quindi siamo portati a restare a terra barattando inconsciamente la nostra unicità in milioni di piccoli frammenti di vetro che tuttavia non riescono a riflettere il quadro completo. La comunicazione viene meno, il canale si riempie di caos e frastuono fino a distorcere il messaggio. La vista si annebbia e non vediamo la mano tesa o la corda a cui aggrapparci.

Il cortometraggio di McCormack e Govier riflette sulla capacità del dolore di rendere appetibili allontanamento e silenzio rispetto a musica e risate.

Perché consiglio Se succede qualcosa, vi voglio bene? Perché senza dire una parola e in quindici minuti porta lo spettatore a chiedersi come reagirebbe a un buco nel muro: urlando oppure dipingendolo di azzurro?


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