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L’etica hacker del gigante di ferro

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In questo articolo ho deciso di avvalermi del film Il gigante di ferro per approfondire la storia e il significato della parola hacker perché ho notato che spesso viene citata fuori contesto.

Perché scrivere un articolo sugli hacker?

Da anni sento parlare di questi hacker, figure oscure e incappucciate che come Sith utilizzano il computer per sfondare barriere di sicurezza e rubare tutto ciò che custodiscono: progetti bellici, soldi, il nome dell’assassino di Kennedy, tutto quello che noi ignari fruitori dell’internet decidiamo volontariamente di condividere forti della convinzione di non avere nulla da nascondere.

Fatta la premessa ora tuttavia mi chiedo come mai una persona con tali sensazionali poteri cosmici dovrebbe interessarsi alle mie foto su Instagram? Da dove nasce questa esigenza truffaldina e soprattutto siamo sicuri che sotto quel cappuccio non ci sia invece uno Jedi?

In questo articolo vi invito ad abbandonare ogni preconcetto e salire insieme a me sul treno che ci condurrà alle radici del termine e alla sua connessione con Il gigante di ferro.

Pronti?

Via!

Trenini e notti insonni

La metafora del treno non è casuale perché, come spiega Lorenzo Fantoni nel suo saggio Vivere mille vite, la prima volta che viene utilizzato il termine hacker non si riferisce al mondo dei computer bensì a quello del modellismo.

Negli anni Cinquanta infatti un gruppo di ragazzi dell’MIT fonda il Tech Model Railroad Club (TMRC) allo scopo di costruire Il Sistema, un enorme diorama per trenini giocattolo.

Hacker_Tech Model Railroad Club
Tech Model Railroad Club

I membri del gruppo passavano giorni a smontare e analizzare i componenti del loro progetto perché erano convinti che solo sporcandosi le mani, sbagliando e riprovando ne avrebbero capito il funzionamento.

Ogni volta che qualcuno elaborava una soluzione efficiente otteneva il titolo di hacker, ovvero colui che aveva trovato un hack al Sistema.

Dai trenini ai computer: nascita dell’etica hacker

Per fini legati alla ricerca nel 1958 viene installato nel campus il TX-0, uno dei primi computer a transistor. La stanza dei bottoni era stata aperta e al TMRC venne data la possibilità di giocarci durante i momenti liberi, essenzialmente di notte.

TX-0 System
TX-0 System

I primi esperimenti erano di carattere goliardico ma con il passare del tempo i programmi divennero sempre più sofisticati anche perché non vi era una vera e propria paternità sui codici. Essi infatti venivano semplicemente archiviati per dare la possibilità a chiunque di implementarli e correggere eventuali errori.

Il TX-0 ad esempio era provvisto di un altoparlante che poteva essere controllato a seconda dello stato del quattordicesimo bit nelle parole a 18bit che arrivavano all’accumulatore in un dato millisecondo.

Per semplificare immaginate di ridurre un suono a una serie ordinata di uno e zero e di poter creare della musica in base al valore del quattordicesimo numero.

A fondamento di tutto il divertimento non c’erano intenzioni malvagie ma la convinzione che l’informatica e il libero accesso alle informazioni avrebbero portato benefici alla società.

Questo è il momento in cui nasce l’idea di etica hacker.

L’hacker pratica l’esplorazione intellettuale a ruota libera […] ciò implica la sentita convinzione che la forma estetica di un programma perfetto possa liberare mente e spirito.

Steven Levy

Chi è l’hacker?

Alla luce di quanto emerso, siete ancora sicuri che l’hacker sia solo il malvagio cybercriminale con la maschera di Guy Fawkes? Proviamo a dare una prima interpretazione del termine.

L’hacker è un bambino che gioca con l’informatica e si diverte a scovare le connessioni infinite tra i programmi e i sottoprogrammi che lavorano in simbiosi. Esattamente come in un plastico ferroviario non vi è traccia dell’intenzione malevola di far deragliare il treno. Tutto l’opposto.

Quando mio padre mi propose di svaligiare banche per lavoro

Un giorno, mentre preparavo un esame, mio padre si avvicinò e mi disse: rapiniamo banche!

Nella mia vita ho visto troppi film in cui al biondino succedono cose spiacevoli in carcere per imbarcarmi in qualcosa che mi ci possa far finire. Anche per questo scrivo un articolo sull’etica hacker!

Lo guardai con l’espressione di uno a cui hanno appena eliminato l’unica pausa della giornata ma lui riprende: rapiniamo una banca, nascondiamo il bottino e poi telefoniamo al direttore della filiale per comunicargli dove si trova.

Il mio sguardo non migliora.

Poi però conclude: il nostro compenso starà nello svelargli i punti che rendono debole la sua sicurezza. Lì per lì non lo ascoltai, eppure in cuor mio sapevo che c’era una logica in fondo a quel ragionamento.

I bug

Il bambino di qualche paragrafo fa è cresciuto e ora ha una tale consapevolezza del mondo informatico da riuscire a vedere oltre la semplice architettura.

Immaginate di prendere un aereo per la prima volta: siete nervosi per i controlli, stringete il biglietto cartaceo e non vedete l’ora di arrivare a destinazione nella speranza che il bagaglio vi venga consegnato integro.

Poi salite sul secondo volo, il terzo, il quarto e via così finché prenotate i posti migliori con largo anticipo beneficiando dei prezzi calmierati, viaggiate con il bagaglio a mano contenente solo l’essenziale e durante il tragitto vi addormentate, leggete o guardate un film.

Siete talmente rilassati che vi accorgete perfino delle calze strappate della hostess, della fatiscenza dei sedili e della differenza di prezzo dei prodotti venduti a bordo rispetto a quelli a terra.

Una volta che si è raggiunta la consapevolezza del sistema si è in grado di vedere chiaramente gli eventuali bug.

Gli hacker cercano o spesso semplicemente trovano errori sparsi nel codice ma non per commettere illeciti ma perché è il loro gioco, il loro divertimento.

Come si sfruttano gli errori?

Torniamo per un momento al nostro esempio del viaggio di qualche riga fa.

Ipotizziamo che durante i controlli di sicurezza notiate casualmente un piccolo interruttore alla base del metal detector. Provate a spostare la levetta su off ed ecco che questo non emette alcun rumore mentre superate lo scanner indossando i vostri jeans preferiti sorretti da una cintura borchiata che farebbe impallidire Ozzy Osbourne.

Ma voi siete brave persone quindi decidete tempestivamente di farlo presente all’addetto. Partite per il vostro viaggio e non ci pensate più.

Passano due settimane durante le quali in testa avete solo la sabbia delle isole tropicali e le onde da cavalcare sulla vostra tavola.

Siete di nuovo al controllo di sicurezza, stavolta in direzione opposta. Hanno tolto l’interruttore sul metal detector ma notate che uno simile è presente anche sullo strumento a raggi X che sta facendo la radiografia al vostro bagaglio.

Di nuovo lo fate presente e tutto viene risolto.

Hacker etici e hacker non etici, Jedi e Sith

Come mai succede tutto questo?

La risposta è semplice, i due addetti incaricati della sicurezza non comunicano tra loro. Chi si occupa di metal detector non si interessa di raggi X e viceversa. Questo è il punto in cui farebbe comodo qualcuno in grado di percepire le connessioni tra più sistemi, una persona capace di avere una visione d’insieme e non solo parziale.

I bug esistono, non è una novità. Chi riesce a vederli può decidere come sfruttarli ed è qui che l’hacker compie la scelta.

Jedi

Gli hacker con un’etica sono quelli che lavorano al diorama e regalano al mondo le proprie scoperte evitando che vengano utilizzate per fini deplorevoli. Quando avete scelto di mostrare l’interruttore ai rispettivi addetti siete diventati Jedi.

Sith

Gli hacker senza etica sfruttano invece i bug a proprio vantaggio direttamente o per rivenderli a caro prezzo. Se aveste scelto di spegnere l’interruttore per contrabbandare merci illegali o di mostrarlo a un criminale anziché all’addetto della sicurezza sareste diventati Sith.

Il gigante di ferro

1957, nel pieno della Guerra Fredda a Rockwell atterra un enorme robot probabilmente di origine sovietica. La sua missione è semplice: annientare tutto e tutti.

In cerca di cibo, una notte il gigante resta incastrato nei cavi dell’alta tensione subendo un forte shock che gli azzera completamente la memoria.

Hogarth, un bambino estremamente curioso che vive con la madre poco distante da dove è avvenuto l’indicente decide di intervenire togliendo la corrente all’intera città.

Questo momento rappresenta il punto zero del film. La scossa dona al robot un’anima innocente e curiosa senza etica ne morale, con il desiderio di imparare il più possibile dal mondo che lo circonda.

Hogarth dal canto suo compie un enorme atto di coraggio quando decide di nascondere il gigante dalla vista dell’esercito che invece vorrebbe analizzarlo e sfruttarne il potenziale bellico.

Tuttavia il vero passo in avanti avviene quando il robot capisce che al mondo esistono due vie e solo lui può scegliere da che parte stare.

Hogarth insegna al gigante come trovare il proprio posto nel mondo attraverso i fumetti dei supereroi nei quali i personaggi possono essere buoni o cattivi in base alla propria etica e morale. Nulla esiste a priori, tutto diviene.

L'etica hacker del gigante di ferro
Hogarth insieme al gigante di ferro

Come nascono etica e morale?

Assumendo che non esista buono o cattivo a prescindere, cerchiamo ora di capire in che modo è possibile generare una morale nelle persone o nei robot.

Durante il film si vede un messaggio promozionale che mostra agli studenti delle scuole elementari come comportarsi in caso di esplosione nucleare. Tuttavia il linguaggio inadatto e banale ottiene il risultato opposto rispetto alle previsioni.

Pensare che un filmato possa sostituire confronto e discussione significa affermare a prescindere che i videogiochi inneggino alla violenza, i fumetti siano roba da ragazzini e i libri vengano buoni solo per sistemare tavoli traballanti.

Il percorso per l’affermazione di etica e morale è complesso e lo diventa sempre più in fase di mantenimento delle stesse ma sta a noi decidere se vedere in un gigante di ferro atterrato sulla terra un’arma di distruzione di massa oppure un amico disposto a sacrificarsi per il bene comune.

Sacrificio

Ognuno dei protagonisti del film che chiude egregiamente il XX Secolo è pronto a sacrificare lavoro, libertà e vita in favore del proprio concetto di giustizia.

Hogarth si frappone al gigante per farlo rinsavire quando perde il controllo. Dean rischia il carcere per nascondere il robot nella sua impresa di autodemolizioni. Il gigante stesso quando alla fine avrà trovato il proprio posto nel mondo decide di sacrificarsi per le persone a cui tiene.

Dopo l’episodio alla centrale elettrica nessuno gli ha più imposto una strada da seguire ma attraverso conoscenza, cultura e confronto è stato in grado di sviluppare un’etica e una morale grazie alle quali ha potuto fare la sua scelta e diventare ciò che ha sempre desiderato: Superman!

Tu sei chi scegli e cerchi di essere

L’enigmatica figura dell’ispettore Kent Mansley

Prima di concludere vorrei spendere giusto un paio di righe sulla figura dell’ispettore Kent Mansley che caratterizza perfettamente il vero antagonista della vicenda ossia la mancanza di studio, confronto e approfondimento.

Paranoico, nervoso, ossessivo e costantemente alla ricerca del successo ad un certo punto arriverà perfino a disinteressarsi del gigante ordinando che venga distrutto a prescindere perché non è di proprietà dell’esercito degli Stati Uniti.

Conclusione?

Il gigante di ferro è una storia che parla di amicizia accoglienza, accettazione e umanità attraverso un linguaggio semplice e diretto in grado di raggiungere l’adulto come il bambino.

Lo spettatore si trova a riflettere sul concetto di identità, sulla strada intrapresa e su quella ancora da percorrere.

All’interno di questo ragionamento tuttavia l’hacker non è il gigante bensì Hogarth, il bambino che deve scegliere come educare il robot caduto dallo spazio. Sta a lui trasformarlo in arma pensando principalmente al profitto oppure aiutarlo a integrarsi nella comunità diventando così un prezioso aiutante a cui tutti possono attingere liberamente.

Sarebbe scorretto concludere questo viaggio riesumando i concetti di giusto e sbagliato ma mi piace pensare che se dovessi trovarmi davanti a quel bivio mi concentrerei sulla sensazione appagante di un trenino elettrico che dopo ore di lavoro finalmente può circolare sulla pista ma soprattutto non vorrei mai che il mio amico di latta diventasse malvagio.


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