L’idea di un articolo incentrato su Sacha Goldberger e Marvel 1602 è rimasta nel cassetto perché ero indeciso sull’approccio. Confido di trovare un fil rouge nelle prossime righe. Partiamo!
Chi è Sacha Goldberger
Sacha Goldberger è un fotografo francese della metà del Novecento famoso soprattutto per Mamika, una serie di scatti che trasformano la nonna Federika sopravvissuta alla Seconda Guerra Mondiale in una supereroina poliedrica in grado di colorare in tono squisitamente personale un contesto quotidiano altrimenti monocromatico.
Quindi Stan Lee ha assunto la nonna del fotografo?
In modo collaterale a Mamika Sasha Goldberger ha realizzato un progetto biennale intitolato Super Flemish nel quale fonde l’immaginario pop di personaggi come Hulk, Spider-Man e Superman ai canoni della pittura fiamminga del XV secolo.
Il team di supporto ha studiato la composizione dell’immagine attraverso ricerche su chiaroscuro, luce e spazio esaminando documenti d’epoca per migliorare somiglianza e trasposizione.
Il risultato sono una serie di scatti posati resi ancor più realistici dal coinvolgimento di attori iconici. Lou Ferrigno viene ritratto nei panni di Hulk, Christopher Reeve in quelli del figlio di Krypton e Lynda Carter reinterpreta la principessa Diana di Themyscira.
Giù la maschera: esercizio di stile o vero interesse?
Super Flemish ha riscosso giudizi opposti. Alcuni lo ritengono un omaggio alla cultura pop mentre per altri è un mero esercizio di stile senza un vero e proprio messaggio.
La narrativa di Sasha Goldberger non si concentra sulla creazione di nuovi punti di vista preferendo invece l’umanizzazione del concetto supereroistico per avvicinarlo allo spettatore grazie alla ripresa del canone fiammingo alla base dell’arte occidentale.
Il costume non è quello dei fumetti ma una variante rivisitata in chiave aristocratica che decontestualizza l’eroe dietro la maschera. I soggetti immortalati negli scatti del fotografo francese non compiono azioni spettacolari e sovrannaturali ma mettono in luce le fragilità proprie dell’essere umano.
Lo spettatore si sente vicino al personaggio ritratto, prova empatia e talvolta commozione per i valori trasmessi.
What if…Neil Gaiman!
Dal ritrovato sodalizio tra Joe Quesada e gli autori freelance nel 2003 viene pubblicata Marvel 1602 una miniserie a fumetti scritta da Neil Gaiman, disegnata da Andy Kubert e colorata da Richard Isanove. Nel XVII Secolo tra espansionismo coloniale e inquisizione qualcosa sembra predire la fine del mondo. La Regina Elisabetta decide quindi di affidarsi all’alchimista dottor Strange e al responsabile delle guardie Sir Nicholas Fury. Da questo incipit inizia la matassa di trame parallele che alternerà sul palcoscenico alter ego di volti noti dell’universo Terra 616 come Peter Parquagh e il menestrello cieco Matthew Murdoch.
Marvel 1602
L’opera di Gaiman fonde il proprio stile narrativo agli elementi della fiaba esaltando ad esempio l’oratoria come forma preferita alla violenza nella risoluzione dei conflitti. Creando un parallelismo con Sandman si nota quanto la plasticità dell’azione e l’originalità della trama siano delineate dal ricorso magistrale alla parola e al dialogo esaltandone l’aspetto semantico senza però diventare incomprensibile o elitario.
La figura dell’eroe veicola valori universalmente riconosciuti e Marvel 1602 sottolinea questo punto sottoponendo i protagonisti (e il lettore) a una netta variazione di contesto spazio/temporale.
Un’altra freccia scoccata da Gaiman colpisce il dualismo interpretativo tra chi ritiene i supereroi importanti alleati e coloro che invece preferirebbero eliminarli.
Marvel 1602 aggiunge nuovi significati al discorso fotografico di Goldberger. Mentre quest’ultimo cerca di umanizzare i soggetti per avvicinarli alle persone comuni, Gaiman li rende sofisticati e aristocratici senza dimenticare, attraverso ad esempio la figura del Grande Inquisitore, di rimarcare lo status di emarginati, confinati in un mondo che non riuscirà mai ad accettarli completamente.
Intervallo tecnico
A livello tecnico ogni tavola si presenta in funzione della storia narrata. I colori affidati a Isanove dimostrano la volontà di sperimentare stili pittorici diversi per aggiungere drammaticità alle matite di Kubert. L’assenza delle chine a delineare un contorno netto richiama infine i volumi dell’arte incisoria ottocentesca facendo comunicare realismo e visioni romantiche colme di magia e riferimenti antichi.
Ma quindi questo fil rouge alla fine l’hai trovato?
Questo articolo voleva in realtà essere l’espediente per raccontare due interpretazioni artistiche della figura dell’eroe attraverso il minimo comun denominatore del periodo storico fornito dal contesto.
La fotografia di Sacha Goldberger rivisita ciò che ritiene un tratto distintivo ovvero il costume avvicinandolo ai canoni che lo studio dell’epoca definisce quotidiano.
Neil Gaiman invece non cerca di livellare supereroi e persone comuni. Al contrario ne approfondisce le differenze per dimostrare che una rosa resta tale anche con un altro nome o nel caso di Marvel 1602, in contesti differenti.
Oltre al periodo storico tuttavia i due artisti si incontrano sui valori di cui sono portatori i loro personaggi ed è innegabile vedere come entrambi lascino emergere l’aspetto umano composto da coraggio, spirito di sacrificio e volontà di fare ciò che ritengono giusto in modo incondizionato e gratuito come ogni Mamika che si rispetti.
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