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Knives out, l’insospettabile mistery moderno

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Stavolta non inizierò come di consueto perché ammetto di aver ignorato Knives out finché non mi è stato mostrato il trailer su YouTube.

Pensando a un classico giallo alla Cluedo, sulle prime sono stato attratto esclusivamente dal cast che vedeva Daniel Craig nel ruolo dell’investigatore Benoit Blanc e Ana de Armas in quello di Marta, l’infermiera amica del vecchio Michael Shannon che interpreta Harlan Thrombey, il miliardario assassinato poco dopo la festa per il suo ottantacinquesimo compleanno alla quale partecipa l’intera famiglia.

Questo l’antefatto oltre il quale non mi voglio spingere sia per il genere di film in se ma soprattutto per premiare l’intero apparato cinematografico in grado di unire le proprietà tipiche di un mistery anni Cinquanta alla Agatha Christie, con la morale sociale recentemente portata all’apice da titoli come Parasite.

I personaggi

Il modo in cui il regista Rian Johnson presenta i protagonisti della vicenda è uno degli aspetti più originali del film.

Durante l’interrogatorio, Craig e i suoi colleghi, lasciano che i presenti alla festa si raccontino, mettendoli sotto una metaforica lente d’ingrandimento per dare il benvenuto allo spettatore nelle indagini.

La poltrona stessa sulla quale siedono diventa un espediente narrativo e acquista significato: essa infatti è posta davanti ad una scultura circolare composta da pugnali e armi affilate con le punte rivolte verso il centro.

La metafora è evidente e Johnson sussurra all’orecchio dello spettatore di non lasciarsi abbindolare dalla falsità dei sentimenti e delle parole pronunciate dai parenti nei confronti di Thrombey, ma di approfondire, cercando invece la ragione per la quale ognuno di loro desideri una parte sostanziosa del patrimonio del vecchio.

Una lancia va spezzata senza dubbio nei confronti di due attori, Chris Evans e Ana de Armas. Il primo dimostra di essere valido anche senza lo scudo di Cap, recitando un ruolo per nulla facile, all’interno di una vicenda ricca di continui colpi di scena.

L’intelligenza artificiale olografica Joi di Blade Runner 2049 viene in questo caso vestita con abiti sciatti, da teenager squattrinata, che scaricano qualunque attrazione fisica per donarle invece una dolcezza di fondo che la caratterizzerà per l’intera pellicola.

Knives out-Ana de Armas
A sinistra, Ana de Armas è Marta Cabrera in Knives out. A destra invece, la stessa attrice veste i panni dell’AI Joi nel film Blade Runner 2049

L’empatia che lo spettatore sviluppa per l’ispanica Marta Cabrera è assoluta sin dalle prime scene: lei è il personaggio fuori contesto, l’innocente dolce infermiera che non ha alcun interesse per il patrimonio della famiglia Thrombey e assiste benevolmente il vecchio Harlan dicendo sempre la verità.

Marta infatti ha una caratteristica che la rende unica: vomita ogni volta che mente. Questo espediente stempera spesso la tensione introducendo un elemento inedito che tuttavia non fa mai cadere la pellicola nel banale.

Il classico che piace ai giovani

Al contrario dei classici gialli con l’assassino e la matassa da srotolare, in Knives out, la ricerca della verità viene quasi messa in secondo piano per introdurre nuovi stilemi che c’entrano poco con il genere.

Inoltre, benché ambientato in un maniero dalle tinte neoclassiche, il regista riesce a non fermare il tempo, introducendo ad esempio gli smartphone e una serie di tecnologie investigative alla CSI in un giallo tradizionale e molto ironico.

Sicuramente si tratta di un film d’altri tempi, e lo si evince ad esempio dall’idea di scappare senza che i cani abbaino oppure dall’eliminazione del fango sotto la suola delle scarpe per evitare di ricadere tra i sospettati, ma allo stesso tempo lo spettatore si rende conto che l’azione non è lontana dalla modernità che conosce e vive ogni giorno.

Il film gioca quindi con gli stilemi del genere tradizionale arricchendolo però con una messa in scena che porta alla luce una società corrotta, costruita su bugie e falsi sentimenti.

Ogni membro della famiglia si trova alla festa di Harlan per un secondo fine inerente il patrimonio del vecchio e i discorsi che fanno dimostrano quanto loro stessi non si rendano conto della situazione. Il figlio a capo della casa editrice che pubblica i racconti del padre chiede di avere più libertà e sottolinea di essere partito da zero quando invece è stato lanciato proprio da un sostanzioso investimento paterno.

Questo aspetto, unito all’iconica lotta di classe che Marta porta inconsapevolmente avanti durante l’intera pellicola, avvicina anche spettatori lontani dal classico film giallo anni Cinquanta.

Cast e tecnicismi

Scorrendo i titoli di coda si leggono nomi importanti della scena cinematografica. Oltre ai già citati Chris Evans e Ana de Armas, recitano tra gli altri una sensazionale Jamie Lee Curtis, Michael Shannon e Don Johnson. Tutti loro ricoprono alla perfezione la parte e vengono gestiti magistralmente dal regista Rian Johnson che voleva lavorare a questo film da tempo ma era stato impegnato sul set dell’ottavo capitolo di Guerre Stellari.

A dare ulteriore supporto alla narrazione entrano in gioco una colonna sonora e una fotografia ben congeniate che tuttavia, al contrario di film come Joker di Todd Phillips nei quali diventavano parte della storia, non superano mai per importanza la narrazione dei fatti che in questo modo resta pulita e lineare.

Sebbene sia uscito solo da pochi mesi (fine 2019), credo che questo film possa essere inserito tra i migliori del 2020 sia per la messa in scena ma soprattuto per il coraggio nel giocare con gli stilemi tipici del genere classico e inserire senza paura un’ironia e un discorso politico che fanno di Knives out un insospettabile mistery moderno.


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