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Elvis di Baz Luhrmann

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Nella mia immaginazione Elvis è sempre stato un fantasma onnipresente. La musica che ascoltavo era influenzata dal suo stile, era nei film che vedevo e soprattutto tra gli anni Ottanta e Novanta ne parlavano tutti: mio padre, mia madre, i professori. Tutti.

Gli articoli di giornale e le pagine di enciclopedia ritraevano una figura complessa prima di concentrarsi sulla parte autodistruttiva. Eppure incredibilmente quando chiedevo chi fosse Elvis tutti rispondevano univocamente il Re.

La notizia di un biopic sulla figura del cantante di Memphis non mi scosse particolarmente. Quella invece che parlava di Baz Luhrmann alla regia di un biopic sul cantante di Memphis cancellò ogni altro impegno. Ma andiamo con ordine.

Chi è Baz Luhrmann?

Baz Luhrmann è il regista australiano dietro Moulin Rouge! (2001), Australia (2008) e Il grande Gatsby (2013). A seguito di una prova attoriale capisce di essere più interessato a direzione e messa in scena. Il successo internazionale arriva nel 1992 quando trasforma una pièce teatrale nel suo film d’esordio Ballroom – Gara di ballo. Una decina d’anni più tardi torna alla carica con Moulin Rouge! proponendo nella colonna sonora brani iconici quali All You Need Is Love (Beatles), Pride – In the name of love (U2) e Smell Like Teen Spirit (Nirvana).

Moulin Rouge Nicole Kidman
Nicole Kidman in una scena di Moulin Rouge

Il tratto distintivo del cinema di Luhrmann è l’eco teatrale che ne pervade lo stile: costumi dettagliati e illuminati per esaltare colori e brillantezza, scenografie di grande impatto visivo riprese attraverso montaggi rapidi e dinamici. La ciliegina sulla torta resta la musica. Le canzoni sullo sfondo sono parte attiva del processo che rende la storia attuale e moderna.

Attraverso il melodramma Luhrmann sfida i canoni classici del cinema per rileggere in chiave contemporanea capisaldi culturali e narrativi senza timore di liberare la creatività o risultare incoerente.

Elvis, di cosa parla?

Elvis (Austin Butler) è la storia di un bimbo appassionato di fumetti che un giorno viene letteralmente posseduto dal ritmo di una messa gospel. Da questa premessa Luhrmann segue l’evoluzione del personaggio dall’infanzia alla prematura scomparsa lasciando il ruolo di narratore all’ambiguo manager Tom Parker (Tom Hanks). Sullo sfondo si leggono le caratteristiche tipiche dell’America anni Cinquanta che mal tollerava le persone di colore, la musica blues e i movimenti d’anca troppo spinti.

Elvis secondo Baz Luhrmann

Il cuore del film dal quale emerge il punto di vista registico si concentra nelle prime scene. L’enfant prodige viene mostrato di spalle, irraggiungibile come l’enigma senza volto che tutti vogliono fare proprio diventando reale solo una volta salito sul palco.

Il demone dentro di lui esplode e invade il pubblico in un vortice di voce, ritmo e movenze proibite al contempo eccitanti e scandalose. Billy Batson diventa Shazam e folgora la scena sfondando ogni canone, dogma e buoncostume. Elvis si materializza davanti ai miei occhi proprio mentre mi rendo conto di partecipare involontariamente a ciò che non fatico a definire musicalmente uno sparagmòs dionisiaco.

Elvis sparagmòs
Austin Butler interpreta Elvis in una scena iconica del film

Luhrmann ritrae il successo di Elvis Presley esaltando le figure che lo hanno reso tale come la madre Gladys, la moglie Priscilla (Olivia DeJonge) e l’amico di sempre B.B. King (Kelvin Harrison Jr.). Racconta i luoghi iconici da Graceland a Las Vegas senza dimenticare i locali in cui si rifugiava per scappare dai fans e immergersi in quel sound afroamericano cristallizzato nelle proprie radici culturali. Da questo punto di vista sono notevoli i dialoghi che sottolineano la possibilità per Elvis in quanto ragazzo bianco di far conoscere brani e canzoni di artisti di colore che altrimenti resterebbero inascoltate per questioni razziali.

Il peso del successo

Dalla seconda metà del film Luhrmann sposta l’attenzione sulla predominante figura del Colonnello Parker nella vita socio economica della famiglia Presley. Elvis si rende conto di essere diventato l’ennesimo fenomeno da baraccone alle dipendenze di un manager per il quale rappresenta solo una macchina da soldi. Le finestre vengono oscurate perché le luci della ribalta diventano insopportabili e accecanti per l’uomo che ormai si trascina a stento sul palco sostenuto prevalentemente da eccessive dosi di sostanze stupefacenti.

Elvis con la Madre Gladys
Elvis insieme alla madre Gladys (Helen Thomson)

Shazam viene privato della propria essenza perde i poteri e torna ad essere lo spaurito bambino che tuttavia non ha più nessuna spalla sulla quale piangere. Billy Batson resta solo al buio nella stanza all’ultimo piano di un albergo che domina l’intera città dalle luci abbaglianti.

Due parole su Austin Butler

La scelta dell’attore che avrebbe dato un volto a Elvis Presley fu complicata. In lista c’erano Austin Butler, Harry Styles e Miles Teller. Ciò che ha convinto Luhrmann è stata l’abilità di Butler di essere Elvis senza cercare di immedesimarcisi. Dopo l’anteprima della pellicola pare che Priscilla Presley abbia scritto una lettera al regista in cui esprime la gratitudine per non aver ripreso un sosia del suo ex marito bensì qualcuno che potrebbe esserlo realmente.

Se mio marito fosse qui direbbe a quel ragazzo: dannazione! sei me!

Priscilla Presley in una lettera a Baz Luhrmann

Butler restituisce allo spettatore l’essenza e la sensualità del cantante di Memphis. L’aspetto canoro è stato seguito da un vocai coach per la resa ottimale di brani come Hound Dog mentre per le sequenze finali Luhrmann ha recuperato le registrazioni originali di Suspicious Mind e Unchained Melody dalle esibizioni a Las Vegas prima della morte di Elvis.

16 Agosto 1977

Alla fine di un film, in sala o a casa, mi piace restare in silenzio per un lasso di tempo variabile a seconda della complessità emotiva che è stato in grado di evocare e che voglio provare a decifrare. Dopo Elvis credo di essere rimasto in quello stato per quasi un’ora prima di riavviare la pellicola.

Essendo nato nel 1986 non rientro tra coloro che hanno vissuto in prima persona il periodo del Re ma grazie a Luhrmann è chiaro il motivo di un successo che travalica le epoche arrivando ai giorni nostri.

La vita della famiglia Presley è in buona parte oscurata da problemi di denaro, screzi manageriali e familiari eppure tutto questo sparisce non appena Elvis sale sul palco. Le luci sono puntate su di lui in attesa della prima nota quando il piede si porta in punta e le anche iniziano a oscillare.

Elvis Stage_01
Una delle prime esibizioni del giovane Elvis interpretato da Austin Butler

Chiunque lo ascolti in qualunque epoca diventa parte del mito e non può esimersi dall’essere posseduto come se invece di un flauto magico Mozart avesse messo in mano al suo personaggio una chitarra. Dai documenti ufficiali pare che Elvis Presley sia morto il 16 Agosto 1977 a Memphis ma è facile concordare con Tommy Lee Jones quando in Men in Black recita: Elvis non è morto, è tornato a casa.


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2 pensieri su “Elvis di Baz Luhrmann

  1. Volevo farti presente che non hai citato un film fondamentale della filmografia di Baz Luhrmann, ovvero Romeo+Giulietta del 1996. Lo ha lanciato definitivamente come filmmaker a livello internazionale, altrimenti non avrebbe mai potuto realizzare Moulin Rouge se Romeo+Giulietta non fosse stato il grande successo che si è rivelato. Inoltre ha pure lanciato la carriera di Leonardo DiCaprio, l’anno prima di Titanic. Tra l’altro, Austin Butler ama da sempre le opere di Luhrmann, e durante la promozione di Elvis l’anno scorso ha parlato proprio di come Romeo+Giulietta lo abbia affascinato quando lo vide per la prima volta da ragazzino, motivo per cui ha deciso di mandare il suo provino per Elvis in video dopo un’iniziale riluttanza.

    1. Ciao Sara, hai ragione. Romeo + Giulietta (1996) è un film importante nella carriera registica di Luhrmann. Personalmente tuttavia ritengo Moulin Rouge più vicino a Elvis per tematiche, scenografie e spettacolarità. La scelta di Butler nel ruolo del Re è legata a molteplici fattori e nel paragrafo in cui ne parlo mi sono concentrato sulla volontà del regista e sulla reazione di Priscilla. Scrivere di film come Elvis e registi come Luhrmann implica spesso una cernita degli argomenti da trattare (o una suddivisione su più articoli). L’obiettivo che mi piacerebbe raggiungere sul blog è quello di creare un contesto base che faccia nascere nel lettore una curiosità grazie alla quale successivamente approfondisca e scopra altre pellicole simili. Commenti come il tuo sono parte di questo disegno e per questo ti ringrazio.

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